da Diario di resilienza : Laura

La pandemia ha sottratto all’essere umano il perverso potere della comunicazione attraverso l’immagine.

Mi chiamo Laura, ed in questo periodo di pandemia, mi sono ritrovata a fare delle considerazioni che mi piace condividere con il lettore.

Avvocato Laura Avella

Un’abitudine maniacale si è concretizzata negli ultimi anni, e lo specchio non riflette l’animo, ma solo l’immagine, è passato in secondo piano per fare spazio ai selfie.

L’idea che si percepisce attraverso i social è che non vi è un dialogo che possa sopperire l’immagine.

Quando le immagini vengono raccolte durante la giornata e con facce felici esposte in bella posa …. nulla viene più raccontato, tutto viene immediatamente inviato, senza neppure il tempo di godere quanto si inoltra. Non si può più dire “cogli l’attimo” come un riempirsi di emozioni, ma “cogli e passa al prossimo tuo” tanto perché possa ovviamente invidiare all’istante per quell’istante.

Che cosa si può dire quando si espone in bella mostra ciò che appare gratificante, quando l’essere umano si immortala, non lasciando spazio ad alcuna immaginazione, se non per far rilevare agli occhi altrui l’ultimo ritocco o un artificio tecnico?

Ma l’alterazione della propria immagine non interessa affatto all’autore, perché lo scopo ultimo è tramandare un’identità costruita ad arte perché, possa suscitare interesse, ammirazione e piacere.

La vanità diceva Blaise Pascal <<è così radicata nel cuore dell’uomo, che ciascuno di noi vuole essere ammirato>>

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